Intervista a Raffaela Paggi

Description

La prima edizione di Nel suono il senso risale al 1999. Ad essa hanno fatto seguito altre tre edizioni, nel costante tentativo di renderla sempre più funzionale alla didattica. Un obiettivo che sta alla base di questa nuova edizione, che ha comportato la riscrittura della parte teorica, una diversa disposizione degli argomenti, la revisione degli esercizi e una nuova grafica a colori.

Il lavoro, al quale hanno collaborato alcuni docenti di scuola secondaria, è stato diretto da Raffaela Paggi che, assieme a Luciana Albini, è all’origine di questa grammatica ad uso scolastico.

Qual è l’idea all’origine di questa grammatica?

L’idea è contenuta nel titolo: Nel suono il senso. L’intento da cui siamo partite vent’anni fa è stato quello di impostare una didattica della grammatica che aiutasse i ragazzi a imparare contenuti e metodi per fare in proprio un’indagine linguistica, cioè un percorso che consentisse di capire come una frase, inizialmente, e poi un testo siano in grado di veicolare un senso.

Il rapporto tra il senso e il testo è una questione assai complessa e interessante, poiché il linguaggio umano ci permette di costruire un numero infinito di messaggi a partire da un numero finito di elementi. Per addentrarsi nel mistero del rapporto suono-senso del segno linguistico, ci è parso opportuno dunque proporre un metodo che servisse innanzitutto a rendersi conto delle strutture offerte dalla nostra lingua per produrre messaggi, considerando che esse prendono vita, si disambiguano, acquistano senso in atti comunicativi concreti, reali.

Da questo metodo è poi nato il testo Nel suono il senso.

In questa ottica cosa significa studiare grammatica?

Lo studio della grammatica può essere considerato, come è stato per tanti anni, lo studio di norme per scrivere e parlare correttamente. Ma questo taglio non tiene conto né dell’evoluzione della linguistica moderna, che nel ‘900 ha dato degli apporti notevoli alle scienze della comunicazione, né degli obiettivi che le nuove Indicazioni nazionali chiedono di raggiungere alla fine della scuola secondaria di I grado. Si chiede infatti agli studenti non solo di parlare e scrivere correttamente, ma anche di essere consapevoli dello strumento principale che l’uomo ha per conoscere e per comunicare, la lingua. E per giungere a tale consapevolezza non basta studiare delle regole, occorre saper osservare le strutture morfologiche, sintattiche, lessicali all’opera nelle frasi e nei testi, comprenderne le funzioni, saperle infine utilizzare consapevolmente per adeguare la testualità alla propria intenzione comunicativa.

Certo, è un percorso complesso e infatti bisogna diffidare da chi propone grammatiche “facili”: il problema non è facilitare i contenuti, bensì proporre un metodo chiaro che renda accessibile la complessità.

Che cosa differenzia questa grammatica da altre?

Le grammatiche scolastiche solitamente dedicano capitoli distinti e in sé conclusi alla formazione del lessico, alla morfologia e alle parti del discorso, alla sintassi della frase e a quella del periodo. È esperienza condivisa di molti docenti che affrontare così lo studio della grammatica (in prima media le parti del discorso, in seconda la sintassi della frase e in terza quella del periodo… e il lessico? se c’è tempo!) solleva non pochi problemi. Come unire infatti alla fine ciò che è stato presentato inizialmente come disarticolato?

La nostra grammatica si fonda invece sull’idea che la composizionalità sia alla base di qualsiasi struttura linguistica: i fonemi si accordano per comporre le sillabe; le parti del discorso per comporre i sintagmi, i sintagmi le frasi, le frasi i testi… Si pensi al potere del nome e del verbo di attrarre a sé altre parti del discorso per costituire unità sintattiche (il sintagma nominale e verbale) che hanno determinate funzioni logiche nella frase; o alla preposizione e alla congiunzione che in sé stesse non hanno una carica semantica ma compiono la loro funzione solo in rapporto ad altre parole; e così via. Per questo abbiamo organizzato il percorso mettendo al centro la sintassi, sin dall’inizio: il primo capitolo è dedicato alla comunicazione, per far capire che il parlare è un fare, un’azione; il secondo alla frase, in quanto combinazione significativa di parole dotata di senso; il terzo alle funzioni preferenziali del sintagma nominale e verbale, cioè soggetto e predicato … si parte da un insieme, poi si vanno a studiare i componenti. In fondo non facciamo così tutte le volte che leggiamo o ascoltiamo un testo? Cogliamo un senso unitario, poi ci addentriamo nella comprensione dei dettagli e via via approfondiamo o correggiamo la nostra comprensione del senso.

Quali vantaggi comporta questa impostazione?

A livello didattico il primo grande vantaggio è, come già detto, che non si deve ricorrere a ricondurre ad unità dopo, ciò che è nato disarticolato prima.

Il secondo vantaggio di questa impostazione è che si basa sull’intuizione sintattica, facoltà già presente nella persona sin dall’infanzia. L’uomo è sintattico per natura, come dimostrano i recenti studi delle neuroscienze e come dimostra l’esperienza: se si dice a un bambino *I cani è bello, lui ride, perché percepisce immediatamente la violazione di una importante legge della sintassi italiana, cioè la concordanza tra soggetto e verbo. Il nostro cervello è fatto per cogliere l’unità tra le parole, un’unità particolare, che non nasce da una somma di parti, ma dall’armonizzarsi delle parti.

I docenti che applicano il nostro metodo ci hanno riferito di avere ottenuto sorprendenti risultati anche con studenti che hanno difficoltà di apprendimento, proprio perché aiutati dalla loro intuizione sintattica, che opera in ciascuno a prescindere dal quoziente intellettivo o da altri fattori che ostacolano l’apprendimento.

Eppure spesso la semplificazione dei manuali in circolazione è giustificata dal fatto che molti ragazzi hanno difficoltà a comprendere e quindi gli viene “risparmiata” la complessità.

Noi siamo convinti che un concetto, una procedura, una definizione, diventano veramente patrimonio dello studente solo quando vengono veramente capiti. Una didattica che prescinda dalla verifica della comprensione è fallimentare, è una semplificazione apparente che pretende di addestrare lo studente senza appellarsi alla sua ragione. In grammatica i concetti sono di fatto complessi, in quanto la grammatica è il tentativo di ricondurre a leggi generali i fenomeni linguistici. E la lingua fornisce un numero finito di strutture per forgiare infiniti testi: è viva, dinamica, in evoluzione. Le sue strutture sono sempre polisemiche: una parola può avere diversi significati, un sintagma nominale può avere diverse funzioni (soggetto, complemento oggetto, complemento di misura…), un che può introdurre una subordinata relativa, o soggettiva, o consecutiva, etc… Per questo è fondamentale fare un percorso approfondito per giungere dall’osservazione di esempi alla definizione di una legge, e poi questa va verificata in altri casi, diversi magari da quelli presi inizialmente in considerazione. A volte ci si accorge che occorre modificare in parte la definizione, perché non copre tutti i casi. Si tratta di educare una mente allenata all’osservazione, alla generalizzazione, all’astrazione.

In che modo cercate di rendere accessibile la complessità?

Innanzitutto per presentare gli argomenti partiamo sempre da esempi. Alla definizione si arriva da un’esperienza: negli studi linguistici l’esperienza consiste nell’osservazione delle strutture in atto nella frase e nel testo. Le definizioni poi tendono ad essere sintetiche, ma senza lasciare impliciti, proprio per permettere di fissare nella memoria ciò che si è conquistato nell’esperienza.

L’accessibilità ai concetti è favorita anche dalla tipologia degli esercizi, nelle cui consegne variano molte le operazioni richieste: riconoscimento di strutture all’opera nelle frasi, analisi, utilizzo delle strutture in attività di scrittura, richiesta di esplicitazione dei ragionamenti… tale varietà è funzionale a favorire una padronanza del concetto e a una sempre maggior flessibilità del ragionamento.

Vi sono poi, disseminati nel testo, dei box denominati I trucchi del mestiere, volti a fornire istruzioni utili per diventare sempre più autonomi nell’indagine linguistica. Una di queste è la sostituzione: saper sostituire una struttura all’altra avente la stessa funzione facilita la classificazione. Ad esempio per capire se in una frase come Ho ricevuto dei fiori, dei è preposizione o articolo, basta sostituire fiori con il suo singolare: Ho ricevuto un fiore. È articolo!

Inoltre si è fatto negli anni un lavoro meticoloso di annotazione delle questioni che risultavano più problematiche nella didattica per approdare in questa nuova edizione a una scrittura più lineare, inserendo anche alcune immagini per contestualizzare le frasi di esempio. La stessa limatura dell’esposizione è stata operata negli esercizi, sia per rendere più chiare le consegne, sia per eliminare inutili difficoltà nelle frasi da analizzare.

Ma con questo metodo i ragazzi imparano la grammatica?

Certamente, perché quando è chiaro lo scopo si apprende meglio e di più; e lo scopo è chiaro: non dettare norme, ma far comprendere come funziona la lingua sorprendendola viva nei testi. Gli studenti, come abbiamo ampiamente verificato in tanti anni di insegnamento e di test di ingresso alle superiori, acquisiscono competenze linguistiche sicure ed elevate.

Dire che il nostro obiettivo è quello di formare una sensibilità linguistica non significa affatto trascurare gli obiettivi propri della grammatica tradizionale, anzi è esattamente il contrario: avere una visione di insieme, tenere sempre nella coda dell’occhio il problema del senso, appassiona a capire meglio le strutture che lo veicolano, anche nei loro dettagli. Del resto gli studi di linguistica del Novecento hanno mostrato il vantaggio di studiare il linguaggio e la testualità nell’ottica più ampia della comunicazione verbale, quella particolare forma di interazione tra uomini in cui avviene trasmissione di senso.

Oltre a questa impostazione generale, quali aspetti didattici ritiene più innovativi?

Oltre alla centralità della sintassi, alla luce della quale sono studiate le parti del discorso, può essere considerata una novità rispetto alla didattica tradizionale anche la trattazione delle questioni lessicali. Esse si trovano alla fine di ogni unità, con un rimando a fianco del paragrafo a cui si ritiene possano essere in qualche modo legate. Così si evita il rischio di tralasciare lo studio del lessico, che attualmente è un punto di criticità nell’insegnamento dell’italiano, suggerendo una possibile periodizzazione in relazione al percorso di morfosintassi.

Un aspetto interessante a livello didattico sono poi i livelli di personalizzazione. C’è un corpo centrale destinato a tutti, poi vi sono dei box. Alcuni sono destinati a chi ha più bisogno di indicazioni pratiche, i già citati Trucchi del mestiere; altri denominati Per approfondire sono invece destinati agli studenti che cominciano ad appassionarsi alla riflessione sulla lingua. Quando infatti i ragazzi vengono abituati a ragionare sui fenomeni linguistici, si appassionano, hanno voglia di approfondire e occorre fornire loro casi più problematici. Un ultimo box è dedicato alle Etimologie di parole appartenenti al lessico specifico della grammatica: è interessante sapere da quali percorsi di ragionamento derivano parole come soggetto, predicato, sintassi…

Quali sono le ricadute a livello formativo…

Questo metodo vuole insegnare a ragionare e portare lo studente ad essere padrone dello strumento principale che ha per affrontare qualsiasi conoscenza: la sua lingua. Se uno è padrone dello strutturarsi della frase, delle funzioni logiche che le strutture svolgono, dei nessi tra le parti del discorso e tra i sintagmi, gli basterà imparare il lessico specifico delle diverse discipline per padroneggiare in seguito un problema di chimica, di matematica, di latino… Se uno non ha mai affrontato una frase, un testo come problema, come campo di indagine, quando va ad affrontare i testi di altre discipline è limitato nella comprensione. Occorre aggredirlo un testo per potere dire: Ho capito, occorre porgli delle domande, accorgersi di certi nessi, far affiorare l’implicito, capire che all’origine di un testo c’è sempre una domanda e saperla riconoscere. Nella mia scuola c’era una docente di chimica la quale riconosceva al liceo gli studenti che alle medie avevano imparato la grammatica con il nostro metodo, per come si ponevano in rapporto ai problemi e ai testi della sua disciplina!

Un’altra importante ricaduta formativa è la comprensione del rapporto tra struttura e funzione: è fondamentale, ad esempio, nello studio della lingua la differenza tra sintagma nominale e soggetto. Il primo è una struttura, che ammette solo determinate combinazioni di parole (un nome; un articolo + un nome; un articolo +un nome + un aggettivo…); il soggetto è una funzione, preferenzialmente svolta da un sintagma nominale, ma può fungere da soggetto anche un verbo all’infinito (Lavorare stanca) o un’intera frase (È bello andare in bicicletta). Nella lingua non vi è corrispondenza biunivoca tra struttura funzione, semmai una struttura svolge una funzione preferenziale, e per natura della struttura e perché statisticamente la maggior parte delle volte compare nelle frasi con quella funzione. Imparare a distinguere ciò che è una cosa e ciò a cui serve dà una forma mentis decisiva per ogni disciplina, per cui impari a dire di ogni cosa: Di che cosa si tratta? e Che cosa significa?

Come è arrivata a questa nuova edizione?

Due anni fa si è creato un gruppo di lavoro tra docenti che da anni usano Nel suono il senso, desiderosi di approfondire il metodo e di dialogare tra loro e con gli autori delle questioni che emergevano nella didattica. In considerazione delle loro osservazioni è sorta l’esigenza di revisionare il testo. E così insieme si è lavorato per risolvere alcuni nodi concettuali e per migliorare la chiarezza espositiva, che in alcuni passaggi risultava ostica per i loro alunni. Abbiamo raccolto anche le osservazioni di altri insegnanti che ci hanno segnalato le criticità riscontrate nella pratica didattica. Questo fa parte del nostro metodo: i nostri libri nascono da un’esperienza didattica e nell’esperienza didattica vengono verificati. Nel tempo cambiano docenti e alunni, emergono nuove sensibilità, si formano nuove competenze e questo porta ad un desiderio di miglioramento costante dei libri, che avviene grazie al contributo, all’esperienza di tanti.

Tale metodo di lavoro, oltre a migliorare la qualità del prodotto, è una impagabile occasione di confronto tra docenti, che condividono le difficoltà e il frutto del loro lavoro. Così anche ciò che è problematico trova più facilmente una soluzione.

Che cosa caratterizza la nuova edizione rispetto a quelle precedenti?

Le novità del testo riguardano la risoluzione di alcuni problemi concettuali relativi alle definizioni; lo stile espositivo più fluido; la successione degli argomenti (dalla frase semplice, ai singoli sintagmi, alla frase composta e complessa); l’introduzione di tre prontuari in fondo al libro di teoria dedicati alla fonetica e all’ortografia, alle parti del discorso e alle tavole dei verbi, così che sia più maneggevole dal punto di vista della consultazione nei casi dubbi. L’ortografia è stata spostata in fondo anche per non dare subito l’impressione di iniziare con una ripresa di quanto già appreso nella scuola primaria, che avrebbe fatto percepire la grammatica come esclusivamente funzionale alla scrittura corretta.

E l’aspetto grafico?

Anche la grafica è nettamente migliorata in questa nuova edizione, per l’introduzione del colore, per uno studio accurato di soluzioni atte a distinguere esempi, spiegazioni e definizioni, per la scelta di immagini funzionali alle spiegazioni.

Inoltre sono state curate in particolar modo le pagine introduttive delle sezioni: ogni sezione si apre con una citazione e con una foto che intendono evocare la profondità del senso dell’argomento in essa trattato. Ad esempio il capitolo sull’avverbio si apre con una citazione di Gorgia: “La parola è un gran signore, che con corpo piccolissimo e del tutto invisibile, sa compiere cose divine…” e una foto che ritrae due ragazzi che camminano sulle mani, a testa in giù. A dire che l’avverbio è una parola potentissima, che può cambiare il significato di altre parole o rovesciare quello dell’intera frase. Si pensi a come può cambiare la vita se alla domanda Mi vuoi bene? l’interlocutore ci risponde con un  o con un no!

Il vostro metodo non sarà tutta farina del vostro sacco! A quali teorie linguistiche fate riferimento?

Si può dire che il nostro debito sia infinito! Dovrei citare molti studiosi e linguisti: Platone e Aristotele, che per primi hanno sistematizzato il concetto di composizionalità tra nome e verbo; Ferdinand de Saussure, che ha avuto la grande intuizione della dinamica sintagma – paradigma per spiegare la struttura delle frasi e ha descritto con precisione la natura biplanare del segno linguistico, unione inscindibile del significante sonoro e del significato concettuale; i funzionalisti della Scuola di Praga che hanno dato un apporto decisivo alla comprensione del rapporto struttura-funzione nella lingua;  il generativismo sintattico di Noam Chomsky, che ha mostrato come sia possibile ricondurre la complessità della sintassi all’individuazione di un limitato numero di elementi di base; i pragmatisti John Austin, John Searle, Paul H. Grice, che, nel secondo dopoguerra, hanno iniziato a leggere la comunicazione in termini pragmatici, cioè come vera e propria azione, mettendo in luce l’importanza del contesto e dell’intenzione comunicativa nella produzione e nell’interpretazione dei messaggi…

E poi ci sono state d’aiuto, soprattutto nel lavoro di revisione relativo alla nuova edizione, le grammatiche di consultazione di Serianni, Renzi, Sabatini e gli studi sulla sintassi di Andrea Moro.

Ma il nostro debito più cospicuo è nei confronti del grande linguista Eddo Rigotti, la cui riflessione sulle parti del discorso e la cui teoria della congruità testuale, costituiscono il modello di riferimento teorico di Nel suono il senso. È da lui che abbiamo imparato una concezione di lingua come strumento dato all’uomo per attestare il suo rapporto con la realtà, rispettosa della libertà e della ragione che contraddistinguono l’essere umano; un’attenzione costante per l’aspetto semantico e pragmatico, qualsiasi sia il livello di indagine, dalla morfologia, alla sintassi, al lessico; un metodo di analisi delle frasi e dei testi appreso a livello accademico, e tentativamente declinato tenendo conto dell’età dei nostri studenti. Consiglio a tutti i docenti che vogliano approfondire i presupposti teorici del nostro metodo di leggere il testo E. Rigotti, S. Cigada, La comunicazione verbale, Maggioli 2013.

Il vostro metodo ha un nome?

Effettivamente per poter mettere a tema nei discorsi un oggetto o un evento occorre denominarlo… Ci piacerebbe chiamarlo con un termine non comune, ma efficace: metodo della composizionalità. Lo ‘stare insieme’ delle parole è infatti un fenomeno molto misterioso, che attira la curiosità del linguista e avvia l’indagine. Il testo si forma aggiungendo una parola all’altra, ma il senso non è il risultato di una somma: ogni parola che si aggiunge in qualche modo modifica quelle precedenti e armonizzandosi costruiscono un significato. Un esempio? Si pensi ai sintagmi: occhi azzurri e occhi rossi, il senso non emerge dalla somma di due parole, ma dalla loro composizione: se dico occhi azzurri mi riferisco all’iride, se dico occhi rossi mi focalizzo sulla cornea. Se dico “presto denaro” o “presto aiuto” uso il verbo prestare in due sensi molto diversi: nel secondo caso il verbo “prestare” perde l’idea dell’impegno alla restituzione che vive nella prima espressione: la parola che completa il verbo ne riformula il senso.

Platone per indicare l’accordo tra nome e predicato usa lo stesso verbo che indicava l’intreccio delle componenti di un’opera artigianale: sympléko = intrecciare. Nella lingua accade così: ogni parte del discorso modifica le parti con cui si accorda e insieme costruiscono un unico senso. Il senso è un punto, ma emerge in una linea, come punto non lo si può cogliere, l’uomo ha bisogno di parole e di frasi per dirlo e per comprenderlo.

Lo studio della lingua è lo studio di come avviene il rapporto tra il punto e la linea, di come si compongono le parti di un discorso per costruire dei sintagmi, di come i sintagmi compongono le frasi, le frasi i periodi, i periodi i testi. Uno dei problemi dei social – e dei mass media in genere – è che spesso non si legge la frase successiva o una frase viene estrapolata dal contesto nel quale è stata detta. Quindi si recide il nesso che costruisce il senso: la citazione magari è giusta, ma il suo senso può essere radicalmente modificato in assenza del contesto. Occorre dare coscienza di questo ai nostri studenti, perché non diventino fruitori acritici in questa era di comunicazione frammentata e veloce.

Si legge spesso che il lessico dei giovani si sta impoverendo…

La scuola ha una grande responsabilità in questo. È inutile lamentarsi dell’impoverimento del lessico dei giovani quando contemporaneamente gli si toglie l’opportunità di leggere testi lessicalmente e categorialmente densi, come l’Iliade, l’Odissea alle medie, I promessi Sposi o la Divina Commedia al liceo… ho sentito spesso dire agli insegnanti che rinunciavano a queste letture perché troppo difficili per gli studenti. E poi come pretendere che scrivano in modo ricco e articolato offrendo loro durante le lezioni di grammatica solo frasi artificiose e così povere da non essere comunicative di alcunché. I ragazzi hanno un estremo bisogno di parole, parole importanti, complesse, concrete e astratte, per poter dire quel che vedono, che sentono, che pensano… invece di scandalizzarci proviamo a pensare a quali modelli fornire loro, investiamo su quelli, soprassediamo piuttosto su altri inutili particolari: non multa sed multum! Troviamo nuovi metodi non per sottrarli dall’esperienza della complessità, ma per render loro accessibile l’introduzione nella nostra tradizione linguistica e letteraria.

Nel suono il senso fa parte di una collana, denominata “La Cetra”, acronimo di Liberi Cercatori di Testi per Ragazzi, che ha proprio lo scopo di proporre testi densi semanticamente e linguisticamente validi, perché la grammatica da sola non basta: occorre introdurre gli studenti nel “grande calderone del racconto”, affinché possano immergersi nel patrimonio di parole, immagini, concetti di cui si sono nutriti i nostri padri per poterne vagliare l’attualità e la capacità di rispondere ai loro interrogativi. Un genitore mi diceva recentemente del suo stupore nel vedere che la figlia, trasferitasi in prima elementare nella nostra scuola, aveva improvvisamente imparato a leggere, semplicemente perché i testi che le proponeva la nuova maestra erano belli e interessanti: prima non ne aveva colto il vantaggio e a tutti era venuto il dubbio che avesse dei disturbi di apprendimento!

Finora abbiamo parlato soprattutto della teoria; e per quanto riguarda gli esercizi?

L’eserciziario è strumento fondamentale per l’acquisizione del metodo. L’esercizio è infatti il luogo principale di verifica della comprensione della legge e al contempo è la possibilità di operare per lo studente un’indagine in proprio. Ha insomma un valore sia istruttivo sia euristico.

Abbiamo cercato nella formulazione delle consegne di non indurre mai al meccanicismo, con l’intento di appellarci sempre alla ragione degli studenti. Per questo nell’eserciziario si alternano richieste di analisi, di riconoscimento delle strutture linguistiche in contesti diversi (dai più semplici ai più problematici), di  produzione di testi in cui le strutture e le funzioni studiate siano consapevolmente utilizzate, di esposizione di ragionamenti in rapporto a casi problematici… Riteniamo che proporre esclusivamente esercizi di analisi morfologica o logica sia poco funzionale alla crescita di una reale sensibilità linguistica e possa ingenerare quell’ansia classificatoria che contraddistingue a volte studenti e docenti. Come se il fine fosse analizzare e non capire, come se guardando i risultati delle analisi del sangue ci limitassimo a considerarne la correttezza e non fossimo invece interessati a coglierne il messaggio: sono ammalato o sto bene?

Esiste un versione digitale della nuova edizione?

Oltre alla versione cartacea, vi è anche una versione digitale.

Per chi adotta la grammatica sarà inoltre possibile l’accesso a contenuti digitali integrativi che via via saranno pubblicati, dedicati ai docenti, quali la guida suddivisa per unità contenente suggerimenti didattici e modelli di verifiche, materiale per approfondire la teoria di riferimento nell’ottica di un auto-aggiornamento, video tutorial relativi ad alcuni concetti chiave del percorso, denominati HOW-SILI, che potranno essere utilizzati direttamente anche dagli studenti.

È auspicabile che via via il sito si arricchisca di lavori effettivamente svolti nelle classi che i docenti desiderano condividere con i colleghi.

Da dove nasce l’idea di HOW-SILI?

Insieme ai collaboratori abbiamo pensato potesse essere d’aiuto innanzitutto per gli studenti con difficoltà di apprendimento, ma anche per tutti gli altri, una sorta di visualizzazione dei concetti più importanti del percorso. Sono nati così alcuni brevi video che con una voce guida, dei disegni e poche scritte rappresentano e sintetizzano le spiegazioni presenti nella teoria. Altri tutorial invece permettono di fissare le procedure di analisi, così che possano essere utilizzati anche individualmente dagli studenti nel momento dello studio personale.

Il nome HOW-SILI è un gioco di parole, una composizione della prima parola della frase how do you do that? + metà parola derivata dal latino auxilium: pronunciata ‘AUSILI’ richiama l’idea di aiuto.

In sintesi, a quale insegnante consiglia di adottare Nel suono il senso?

Questo libro è fatto per un insegnante che innanzitutto ha stima per la ragione dei suoi studenti. Tale condizione è sufficiente per utilizzarlo con qualsiasi classe, senza timore di affrontare i problemi che lo studio della lingua inevitabilmente pone. Chi stima la ragione e rispetta la libertà di un ragazzo sa che l’unico modo per farlo crescere è accompagnarlo, senza sostituirlo, nella sua personale ricerca di senso.

In secondo luogo lo consiglierei a chi ha colto i limiti di una didattica normativa della grammatica e ne preferisce una descrittiva, che parta dall’osservazione delle strutture linguistiche, indaghi i rapporti che intrattengono fra loro, riconosca le loro funzioni, pervenga infine alla definizione di una legge, sorpresa in atto più che aprioristicamente stabilita.

Il testo ha sempre trovato il favore anche di quei docenti che hanno colto il valore degli apporti della linguistica del ‘900 allo studio della grammatica, soprattutto se hanno sviluppato nei loro studi una certa sensibilità ai temi della comunicazione.

Infine consiglierei questo testo a chi vuole contribuire all’approfondimento e alla verifica del metodo che propone, è infatti possibile sia dialogare e confrontarsi con gli autori dell’opera, sia proporre attività didattiche per arricchire il sito della collana, www.itacascuola.it, di materiali utili a tutti.